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92 Falcone e Borsellino vent’anni dopo

di Claudio Fava

 
 
20180307
 

92 Falcone e Borsellino vent’anni dopo

 
Claudio Fava
 
Dramma Storico
 
Siamo nel 1985, Falcone e Borsellino si trovano nel carcere dell'Asinara, unico posto ritenuto sicuro dopo l'omicidio di Ninni Cassarà, per preparare le carte dell'istruttoria per il maxi-processo alla mafia...
 
 
NUMERO COMPLESSIVO DI PERSONAGGI

quattro

NUMERO DI COMPARSE / FIGURANTI

nessuno

 
TIPOLOGIA PERSONAGGI

FALCONE: magistrato antimafia
BORSELLINO: magistrato antimafia
CONSIGLIERE: del Consiglio Superiore della Magistratura
IL MAFIOSO: forse pentito

 
 
SINTESI DEL TESTO

Siamo nel 1985, Falcone e Borsellino si trovano nel carcere dell'Asinara, unico posto ritenuto sicuro dopo l'omicidio di Ninni Cassarà, per preparare le carte dell'istruttoria per il maxi-processo alla mafia. Commentano la loro solitudine e il loro isolamento, anche dalla famiglia verso cui sentono il peso della responsabilità. Emerge dalle parole dei due il forte senso del dovere e la dedizione verso uno stato che intanto li umilia negando promozioni e inviando il conto della pensione all'Asinara e che sembra comportarsi da nemico come, del resto, fa la popolazione siciliana che, priva del senso dello Stato, parteggia per la giustizia solo durante il periodo del processo. I due magistrati sono legati da una profonda affinità ideologica, dall'amicizia e dalla consapevolezza che ambedue pagheranno con la morte il loro senso del dovere.

Falcone ricorda l'intervento contro di lui di Sciascia e la mancata nomina a Capo dell'Ufficio Istruzione di Palermo, carica assegnata ad un incompetente che vuole la fine del pool antimafia, mentre a lui vengono riservati i processi di comune delinquenza. Interviene il Consigliere che afferma che anche lo Stato deve rispettare le regole e nominare Falcone a capo del CSM sarebbe stato pericoloso e avrebbe creato nuovi miti.

Falcone ricorda la sua scelta di fare il giudice, i colleghi, la sua casa al mare, il processo nel vecchio carcere e i mafiosi interrogati. La mafia però non è vinta, è solo cambiata e organizza il primo attentato proprio nella casa al mare. E' salvato dalla scorta, ma viene accusato di aver preparato uno sceneggiato e tutte le prove vengono distrutte per evitare di risalire ai mandanti. Falcone e Borsellino ricordano le fasi del salvataggio ad opera di due poliziotti su un gommone che hanno pagato con la vita il loro attaccamento al dovere. A quel punto Falcone, appoggiato dall'amico, decide di chiedere il trasferimento a Roma perché è necessario essere vicini alle stanze del potere di uno stato nemico. Avviene quindi l'attentato mortale raccontato, nella meticolosa preparazione, da un mafioso arrestato. Lo strazio di Borsellino è enorme, ma non è ancora finita. Il mafioso arrestato rivela al magistrato di aver avuto l'ordine ucciderlo. Nel carcere, dove si è festeggiata la morte di Falcone, tutti sanno che è già arrivato l'esplosivo necessario. L' attentato è stato preparato meticolosamente perché lo Stato sta trattando con la mafia e Borsellino deve essere eliminato perché è uno che non tratta. L'ultimo scontro avviene con il consigliere che, benché sia a conoscenza di tutto, non interviene in nessun modo. L'esplosione della 126 rossa si sente in tutta Palermo. Sono le 16,57 . L'ultimo pensiero di Borsellino è per i suoi figli che non vedrà crescere.

 
VALUTAZIONE

Il testo procedendo a quadri, scandaglia l’animo dei due protagonisti, portando lo spettatore a far rivivere la tensione, la paura e l’amicizia, trasformando la denuncia in una vera tragedia greca. Benché l'argomento sia drammatico il lavoro scorre con agilità e anche le rievocazioni più crude vengono trattate con umanità e partecipazione.