Amici della Prosa

  • Il cappello di carta di Gianni Clementi diverte e commuove il Teatro Rossini

Il cappello di carta di Gianni Clementi e portato in scenda dalla compagnia Ad Hoc di Roma, diverte e commuove il Teatro Rossini.

 

68gad il cappello di carta TEATRO ROSSINI 29 09 2015 03Il cappello di carta di Gianni Clementi, rappresentato dalla Compagnia Ad hoc di Roma al Teatro Rossini per il 68º Festival Nazionale d’Arte Drammatica, ha tenuto ben desto il pubblico giovane e meno giovane presente. Protagonista assoluto dello spettacolo è stato il linguaggio romanesco, peraltro comprensibile, con espressioni nette ed efficaci degli attori, soprattutto dei personaggi maschili, con una sottolineatura per la verve di "nonno Carlo".

Come già annunciato in presentazione, si è assistito ad un'altalena fra diversi stati d'animo; fasi di particolare comicità, con dialoghi non sibillini ed audaci battute, di fronte alle quali è inevitabile qualche risata, alternate ad altri momenti drammatici, che fanno palpitare il cuore, che incutono paura, in cui si manifesta un mescolamento di complicità, di tensioni, di possibili desideri, di necessità concrete, fra speranze che danno forza ed illusioni che viceversa abbattono. Si vivono i rapporti familiari e sociali, in un'atmosfera di stampo neorealistico, ove il solito ménage quotidiano deve pure fare i conti con la guerra che incombe, anche se c'è chi, come Candido che, quando suona l'allarme per l'arrivo degli aerei alleati, mentre tutti vanno a ripararsi nel rifugio, preferisce non abbandonare il letto e continuare a dormire tranquillamente.

Il titolo della commedia è dato dal copricapo dei muratori, prima attività dei personaggi in scena; infatti, ogni giorno, prima d’iniziare a maneggiare calce e mattoni, Leone figlio di Carlo e Candido si avvalgono dei vecchi fogli del "Messaggero", il tradizionale quotidiano romano, per dotarsi di un "elmetto" cartaceo, emblema del loro mestiere. La guerra in atto si fa sentire, le notizie dei morti di San Lorenzo per le bombe ed il rastrellamento degli ebrei affliggono, ma ciò che è ripetitivo diventa quotidianità, ordinarietà e ci si riesce a convivere. S’impara insomma a sopportare i disagi della guerra, le sue ristrettezze, le sue povertà, le sue sofferenze.

Nella quotidianità irrompe inaspettatamente il neonato, senza più famiglia a causa delle vicende belliche; amorevolmente raccolto e preso in cura dalle due donne, diventa alla fine, con i suoi naturali pianti, la figura centrale, il perno attorno al quale ruoterà per il seguito l’intera famiglia.

La scenografia è minimale, una modesta cucina, con un lettino; pure l'abbigliamento è piuttosto misero, in sintonia con la situazione del momento. Le ripetute musiche anni '40 hanno avuto il merito di arricchire lo spettacolo.

La romana Compagnia Ad hoc, sorta nel 1977, ha ricevuto ripetuti applausi, favoriti pure da frequenti attimi di buio per i cambi di scena. Nel corso degli anni, ha lavorato sia sul teatro dialettale, sia in quello in lingua, collaborando, fra l'altro, con il noto attore Nino Manfredi che l’ha diretta in due allestimenti.

Pubblicato in Festival
0 commento