Amici della Prosa

Le recensioni degli spettacoli della giuria giovani, composta dagli studenti degli Istituti Superiori della città.

 

Recensioni "A.A. Aspiranti Assassini"

Tutti odiano il proprio capo, i tre protagonisti Tom, Bruce e Jim hanno problemi sul luogo di lavoro a causa dei rispettivi responsabili e sono quasi rassegnati a condurre una vita professionale priva di gratificazioni fino a quando non incontrano un misterioso criminale che gli aiuta a mettere in atto un piano infallibile per farli fuori. Lo spettacolo ha intrattenuto il pubblico con risate causate sia dalle sventure capitate ai tre protagonisti sia da alcuni momenti a volte spinti. Dopo i primi minuti ci si chiede se i tre avranno veramente intenzione di portare a termine il loro piano diabolico e la suspance rimane fino alla fine. Questo spettacolo è decisamente spassoso senza un momento di noia, i dialoghi sembrano quasi spontanei e seduto sulla poltrona non ci si accorge se si è al cinema o a teatro. L’intera compagnia teatrale è il punto forte di questa commedia infatti non solo i protagonisti rivestono un ruolo fondamentale ma ognuno di loro è un personaggio chiave per lo svolgimento della storia.
Consiglio di vedere questa rappresentazione che un pubblico adulto potrà apprezzare maggiormente rispetto a noi adolescenti perché si possono immedesimare nei tre protagonisti e pensare a ciò che a loro accade quotidianamente sul posto di lavoro e al rapporto che hanno con i propri superiori.
Tutto può servire ad evitare un omicidio!
di Caterina Camilli

Il comicissimo spettacolo “A.A Aspiranti Assassini” si apre con 3 diversi “mondi”, i quali hanno ognuno un protagonista diverso. Il primo, Tom, è un semplice leccapiedi che lavora in ufficio, sottoposto del suo capo, Spencer, che dopo aver illuso Tom per mesi e mesi, decide di non dargli una promozione e, anzi, di darla a se stesso. Il secondo protagonista, Bruce, lavora come “aiutante di poltrona”, e deve combattere con la sua datrice di lavoro, Cindy, una dentista che ha il solo pensiero ossessivo di portarsi a letto il povero Bruce. L’ultimo dei tre, Jim, vorrebbe ereditare la gestione della ditta Miller WC, che, però, andrà a Bobby, figlio del proprietario dell’azienda
Tom, Jim e Bruce sono cari amici, e, riuniti, parlano dei loro insopportabili capi e di quanto vogliano sbarazzarsene. Questo pensiero fa illuminare gli occhi dei tre uomini, che decidono, infatti, i loro direttori. Questa scelta porterà i tre grandi amici ad intraprendere una grandiosa avventura, che riserverà anche un sorprendente colpo di scena.
Gli impeccabili attori di “A.A Aspiranti Assassini” sono stati in grado di strappare una risata a tutti i presenti in sala, mandandoli a casa con un sorriso divertito, un ricordo movimentato della serata, l’animo leggero e la speranza di poter rivivere immediatamente la spassosa serata passata a vedere questo esilarante spettacolo.
di Anna Mulazzani

Ho deciso di recensire questo spettacolo (anche se non mi è stato assegnato) perché, ahimè, l’ho trovato davvero pessimo e vorrei spiegare le mie motivazioni.
“A. A. Aspiranti Assassini” è ispirato al film “Come ammazzare il capo e vivere felici” di Seth Gordon.
La trama è molto semplice: tre amici cospirano di uccidere i loro terribili capi perché stanchi di sottostare alle loro ingiustizie. Dopo una serie di vicende ed imprevisti i protagonisti, chi in un modo e chi in un altro, ottengono ciò che volevano.
Apparentemente, sembra solo una classica e frivola commedia americana, ottima per farsi due risate in compagnia ma, durante la visione dello spettacolo, mi è sembrata tutto tranne che divertente.
“Battute” a sfondo sessuale alquanto esagerate ed imbarazzanti, a sfondo razzista, omofobe e sullo stupro; ecco cosa mi è rimasto da questo spettacolo. Sono tornata a casa non facendo altro che pensare alla superficialità, all'ignoranza e alla pochezza a cui ho dovuto assistere giovedì sera. Ho pensato anche agli spettatori che hanno vissuto sulla propria pelle derisione di tipo razzista, dalla più semplice come il mis-pronunciare il proprio nome, e a come si saranno potuti sentire. Ho pensato anche alle persone che hanno subito una violenza sessuale e a cosa hanno provato al sentire “battute” come: “Anche tu sei stuprabile, ti stuprerei io stesso”. Oppure il modo in cui hanno sminuito i micro abusi sessuali di uno dei protagonisti (“smancerie” non richieste, ricatti per obbligarlo a fare sesso) solo perchè a farle era una bella donna e non un vecchio viscido.
Un’altra cosa che mi ha sconcertata, invece, è la quantità di applausi che ha ricevuto questa rappresentazione; fino ad ora, la maggiore di tutti gli spettacoli che ho visto. Mi chiedo come si fa ancora ad essere così privi di tatto. Mi si potrebbe dare della moralista pesante e puntigliosa (non sareste i primi, non mi offendo!) ma sono fermamente convinta che nel 2022 (quasi 2023!), il rispetto sia la base della convivenza tra esseri umani e che “battute” di questo genere non siano più apprezzate. Utilizzo le virgolette per la parola battuta in quanto, secondo me, si possono definire tutto tranne che tali. Qualcuno potrà ribattere dicendo che si tratta solo di black humor, ma io ritengo che non tutti possono permettersi di farlo. Il black humor nasce come coping mechanism, dove l’oppresso o la vittima può ironizzare sui propri traumi.
Mi fa piacere che io non sia l’unica persona a pensarla così, infatti ho avuto modo di confrontarmi con altri miei coetanei e la mia professoressa di italiano e ci troviamo tutti d’accordo sulla questione.
Un sentito e caloroso consiglio a tutti i registi: la prossima volta non scegliete copioni del genere se volete che gli attuali giovani e perciò i futuri adulti vadano ancora a teatro. Noi giovani d’oggi siamo educati e sensibili a molte realtà che fino a qualche anno fa non venivano trattate adeguatamente e perciò, difficilmente, troveremo spiritosi ed interessanti esibizioni alla Checco Zalone venute male.
di Alice Scavolini

Alla luce della visione dello spettacolo "A. A. Aspiranti Assassini" di seguito espongo il mio commento. Cominciando con il primo aspetto immediatamente visibile allo spettatore, si nota un impegno non indifferente nell'organizzazione dello spazio da parte della compagnia: si nota una particolare attenzione ai dettagli e la tripartizione della scenografia è evidenziata dall'inizo. Infatti, seppure in ambiente unico, la differente disposizione degli oggetti e la tipologia di mobili presenti scandisce in maniera definita i tre principali ambienti di svolgimento della narrazione. L'uso sapiente delle luci orienta sempre bene lo spettatore creando alienazione dall'atmosfera circostante. La storia nella sua interezza è presentata con chiarezza e l'effetto creato è cinematografico più che teatrale. In sè la trama si presenta organica e ricca di spunti comici seppure a prevalere spesso sono situazioni paradossali e spesso di ingiustificata volgarità. La trama si impegna a definire ogni tipo si stereotipo americano e crea situazioni tipicamente associate alla società statunitense. Si avverte la critica aspra al sistema lavorativo. L'impegno attoriale è sempre evidente e le battute di dialogo pulite seppure con occasionali imprecisioni. Nel corso della rappresentazione la scenografia appare dinamica e in continua evoluzione il che contribuisce a creare un'atmosfera immersiva. Il commento musicale è scarso e occasionale, spesso molto breve e carente in contesti in cui al contrario sarebbe utile. Altro importante elemento è l'assenza di microfoni appariscenti e visibili da parte degli attori che rende il tutto molto più realistico. Infine l'uscita di scena è molto teatrale e suggestiva, frutto di un'eccellente organizzazione; fino ad ora sitratta della compagnia più numerosa.
di Misia Stolfi

Pubblicato in Oh My Gad
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