Amici della Prosa

Le recensioni degli spettacoli della giuria giovani, composta dagli studenti degli Istituti Superiori della città.

 

Recensioni "Qualcuno volò sul nido del cuculo"

La visione dello spettacolo “qualcuno volò sul nido del cuculo” fu totalmente coinvolgente ed emozionante; nonostante abbia usato un registro di tono ironico riuscì allo stesso momento a farci riflettere riguardo ad argomenti universali che marcavano, e tutt’ora marcano, la nostra società.
La libertà individuale, la discriminazione di cui sono vittime le persone native americane e la stigmatizzazione delle malattie mentali sono le tematiche principali del dramma, mostrandoci la crudeltà a cui sono sottoposte alcune persone da altri essere umani.
La giustificazione principale per questi disumani abusi è l’ignoranza nel riconoscere i problemi che affliggono i malati, quest’ultimo insieme alla paura di eventuali aggressioni è ciò che porta all’incapacità di aiutare i pazienti.
Gli attori furono fantastici nell’ immedesimarsi nei loro ruoli e i personaggi di per sé, a mio parere, si meritano un’analisi individuale.
L’infermiera Ratched rappresenta l’oppressiva società, attraverso il potere da lei detenuto, riesce infatti a controllare a suo piacimento la situazione in cui si trova e a castigare utilizzando qualsiasi mezzo disponibile i pazienti che non gradisce; il grande capo Bromden dall’altra parte presenta il razzismo che subiscono gli indigeni nell’America degli anni 70, infine il protagonista McMurphy è un’anticomformista ed esuberante personaggio che entra nel manicomio per poter alleviare la sua pena, ma contrariamente a ciò che sperava, finirà con una dolorosa morte.
Ciò che più mi colpì dell’intero spettacolo è il carattere moralmente grigio dei personaggi di McMurphy e del capo Bromden, dato che il primo è uno stupratore, mentre l’altro è un omicida; infatti penso che molti abbiano tralasciato questi fatti che furono mascherati da un velo umoristico o drammatico, liberatorio.

di Mimosa Siri

 

Lo spettacolo è stato a parere mio molto interessante, e mi ha attirato molto l’attenzione soprattutto il fatto che si trattava un tema di particolare importanza, ovvero abusi e mancanza di libertà all’interno dei manicomi, tramite la tecnica dell’ ironia.
Di grande impatto anche la bravura degli attori, soprattutto coloro che rappresentavano i pazienti, che, a parere mio si sono cimentati profondamente nel loro ruolo e hanno reso perfettamente l’idea del malato all’interno dell’ospedale di psichiatria.
L’apice dello spettacolo credo che sia stato raggiunto al finale, in cui la tragica morte del protagonista McMurphy suscitó in me, e credo anche agli altri spettatori , un forte senso di tristezza e allo stesso tempo la consapevolezza del fatto che quelle procedure nei manicomi siano state fatte realmente.
In conclusione, penso che sia stato uno tra gli spettacoli migliori fino ad ora, in quanto ha pienamente raggiunto l’obiettivo di coinvolgere il pubblico e suscitare in esso forti emozioni.

di Eleonora Tonucci


Questo spettacolo è ispirato dal celebre romanzo “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Ken Kesey del 1962. Kesey denuncia le istituzioni psichiatriche degli anni sessanta ed i metodi di “cura” adottati come l’elettroshock o la lobotomia. Inoltre critica il razzismo nei confronti dei nativi americani costretti a vivere in miseria.
Il protagonista dell’opera è Randle McMurphy, un pregiudicato condannato per comportamenti violenti e gioco d’azzardo. Fin da subito riesce ad inserirsi nel gruppo composto da altri pazienti, diventandone leader ed insieme iniziano a ribellarsi alle rigide regole dettate dalla capo infermiera Ratched. Altra figura importante è Capo Bromden, un uomo di origini native americane che si finge sordomuto per autoisolarsi. McMurphy riesce ad entrare in confidenza con Bromden, il quale gli racconta la triste storia di suo padre e della sua tribù, costretta a dare il proprio territorio al governo americano e vivere di stenti. Il momento di spannung dell’opera è quando, dopo aver corrotto un assistente, il protagonista organizza una festa abusiva d’addio, dato che aveva pianificato la sua fuga (invitando anche due prostitute). Inizialmente procede tutto per il meglio ma poi vengono scoperti dalla temibile Ratched che provoca McMurphy, il quale esplode in un attacco d’ira dove quasi strangola l’infermiera. Questa scelta gli costerà caro. Dopo una settimana di assenza lo spavaldo McMurphy ritorna, ma non è più se stesso.
La regia è stata capace di orchestrare una rappresentazione che sa far divertire, commuovere e riflettere allo stesso tempo, sensibilizzando su temi che, in parte, possiamo ritenere tuttora attuali.
Gli attori della compagnia della Città di Trento sono riusciti a calarsi nelle parti alla perfezione, facendomi sentire come se fossi anche io lì, in quel freddo manicomio. È stato come fare un salto indietro nel tempo, un tempo a me sconosciuto. Ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza emozionante fatta di momenti di leggerezza, di condivisione, di ribellione, di amicizia, di dolore.
La scenografia ben curata e dettagliata ha reso la rappresentazione ancora più realistica, mettendo in risalto le somiglianze del manicomio con quelle di un carcere.
Complessivamente trovo questo adattamento dell’opera davvero interessante e travolgente, che scuote le coscienze e gli animi.

di Alice Scavolini

Pubblicato in Oh My Gad
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